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Interviste

il giardino digitale

In questo spazio possiamo offrire un po’ la nostra storia personale, condividere pensieri, idee e progetti. Per sentirci più vicini e, pur nelle differenze individuali, parte della stessa umanità. Si può aggiungere anche un dono come una ricetta, una poesia, una fotografia, lo stralcio di una lettura significativa per noi, una riflessione particolare e altro ancora… Scopri di più


APPUNTI PER NON DIMENTICARE

Il Dna del luogo

All’inizio del 1900 quest’area delle Case cooperative – che conclude la zona di Santa Croce esterna e dà il là a Mancasale – era solo una grande estensione di verde, lambita dalle acque dei canali Chionso e Canalazzo. Confinava con il mulino, detto la “Nave”, che era il punto di attracco della città. Da lì partivano i barconi per trasportare soprattutto farine e sale nella bassa reggiana e fin nel mantovano. Non importa se le chiatte si muovevano sull’acqua trainate da cavalli che procedevano lentamente sugli argini. La nave indica comunque simbolicamente terre lontane da raggiungere, contaminazioni possibili con altri pensieri e l’opportunità di allargare il proprio sguardo sul mondo. Di fatto lì, in quella contrada fra le vie Candelù, Selo e Faiti, è stato seminato un pezzo di utopia. Guardavano sicuramente avanti, “Al sol dell’avvenir”, i contadini e gli artigiani che abitavano nelle Ville di campagna e che, ispirati dalle idee socialiste di Camillo Prampolini, erano sensibili alla mobilitazione cooperativistica per riscattare la loro condizione sociale. L’idea era di avvicinarsi alla città e di avere abitazioni, cibo e cultura senza padroni. Forse il conte Ugo Rangone era a corto di soldi e non aveva avuto un’offerta migliore per accettare di vendere il podere, in quest’area limitrofa della città, a gente considerata ribelle e pericolosa.

Nasce la Cooperativa

Così nel 1908 questa gente fonda la Cooperativa case popolari di Mancasale. Costruiscono subito la cooperativa di consumo, adibita a spaccio per calmierare i prezzi degli alimenti; ma è anche osteria poiché, affacciandosi sullo stradone che porta a Mancasale, è perfetta per la sosta e il ristoro dei viaggiatori. Mentre l’area dedicata alle abitazioni si trova alle sue spalle, riparata. Una nicchia disegnata dalle acque del Chionso in cui costruire case dignitose – secondo i parametri dell’epoca – ma anche dove potere continuare le tradizioni contadine sul terreno riservato agli orti, ai pollai e agli stabuli dei maiali. Nel cortile centrale si affaccia la lavanderia comune, si erge il pozzo di acqua purissima e lo zampillo di una fontanella che cade in una vasca. In quello spazio posto al centro, oltre che nelle sale ad la còperativa, si srotola la maggior parte della vita sociale degli abitanti dal cà operaj: dal gioco dei numerosi bambini, al rito dell’uccisione del maiale, al bucato delle donne il lunedì e poi il ricamo e l’uncinetto, una sapienza che passa di generazione in generazione, mentre si tessono racconti di vita vissuta che incantano i più piccoli. E poi le discussioni fra i soci, le chiacchiere, gli scherzi e anche il gioco delle bocce, un poco più in là. Tradizioni che sopravvivono a due guerre, ai debiti, al fascismo, che attraversano l’impatto conquistato della Liberazione. Poi la vecchia guardia socialista viene spodestata ed entrano giovani più vicini al partito comunista. Le esperienze di comunità solidale si rinforzano nell’effervescenza degli Anni 70, con la creazione del Circolo culturale e della Polisportiva Galileo, anche se la modernità aveva portato acqua, gas e i bagni in ogni appartamento; aveva, eliminato la lavanderia, il pozzo e la fontana per fare posto a un nuovo edificio. Di fatto il Circolo e la Polisportiva fanno irrompere, in questa contrada riparata, il mondo. Questo risguardo di terra diventa allora un ombelico di saperi e proposte per la città tutta.

OGGI

Il giardino digitale

Da un bel po’ la Còperativa non esiste più e il Circolo e la Polisportiva hanno sede in altro luogo; di bambini ce ne sono meno di un tempo, ma comunque una bella squadra! La maggior parte dei protagonisti e cantastorie del passato se n’è andata. La tv, internet e i giochi elettronici trattengono in casa. Nuovi abitanti sono arrivati, magari d’altrove, ignari dello spessore di questa storia. Le vie della contrada ora sono quiete. Solo ogni tanto le socie più anziane amano ancora sedersi in cortile, quando la stagione è invitante; dei bambini tentano tuttora di giocare al pallone, probabilmente subito redarguiti da qualcuno che si sente infastidito da quel palleggiare. Ma il silenzio è rotto anche dalle varie iniziative che accadono nella sala multimediale, in via Selo 4, che invitano abitanti e cittadini, perché il passato allunga ancora le sue radici.

Il ritmo ondulatorio della storia offre i suoi flussi e riflussi e non possiamo evitare di esserne lambiti. Così come non possiamo sfuggire all’identità di un luogo, al suo Dna che, in questa contrada, parla di cooperazione, solidarietà, vicinanza. Ogni scansione della storia reca però con sé l’evoluzione di qualche elemento. A volte solo interiore. Poi arriva il tempo di esternarlo. Così questa piazza virtuale, questo giardino digitale, può essere un’opportunità.  Da coltivare. Immaginiamo di poterci sedere come un tempo in cortile e parlare di noi. Perché solo il conoscersi ci fa sentire vicini, fratelli. Riempie di umanità condivisa il nostro ascoltare, i nostri pensieri e infine le nostre azioni.

Le interviste e i contributi di questa sezione sono stati curati d Lucia Zanetti, giornalista e scrittrice.
Lucia ha per vari anni collaborato con l’Ufficio stampa del Comune di Reggio Emilia.
Ha inoltre narrato storie dello sport reggiano, per la Fondazione per lo sport del Comune di Reggio Emilia.
Scrive biografie individuali, famigliari e d’azienda.